Ho partorito due volte, negli ultimi tre anni. La prima al Centro Nascite Margherita, dove ho vissuto un’esperienza dura e meravigliosa, in un’atmosfera di calma, penombra, comprensione. La seconda in un reparto ospedaliero tradizionale, sotto la luce abbagliante di una sala parto asettica, di fronte ad almeno dieci persone, ma non potevo fare altrimenti, perché i parti gemellari possono essere rischiosi, ed io, mio malgrado, ero già preparata da mesi al fatto che sarebbe stato tutto diverso.
Lo è stato, eccome!
Il parto è qualcosa che segna profondamente la vita di una donna, ed è naturale che ci si ponga verso di esso con la pretesa di scegliere, se non il quando, almeno il dove e il come, assecondando i propri bisogni, le proprie paure e aspettative.
Ho conosciuto due donne che questa scelta l’hanno fatta serenamente, senza immaginare (o quasi) che avrebbero sfiorato uno strano tabù.
Lisa e Luisa hanno partorito a casa.
Partiamo dalla fine: prova a sintetizzare in poche righe questa insolita esperienza.
Lisa: Due volte, sempre lì, a terra, nello stesso angolino di casa fra la porta, il letto e il cassettone. Io, il mio compagno e due ostetriche.
La prima volta, trascinata dalla forza dell’evento, la seconda, più consapevole e presente. Momenti che appartengono a un tempo indefinito che vorrei vivere all’infinito, indimenticabili.
Luisa: E’ stato lungo (24 ore di travaglio di cui 16 di fase espulsiva!). C’erano mio marito e due ostetriche. La bimba era mal posizionata e non riusciva ad uscire. L’ostetrica pensava che io avessi paura e non collaborassi pienamente. Una volta capito il problema, grazie anche all’aiuto di un’osteopata corsa in aiuto, la bimba è stata girata con una manovra interna ed è uscita! Finalmente!
Passiamo alle domande. Innanzi tutto, come hai maturato questa scelta? Suppongo che dietro ci siano letture, ispirazioni, desideri e aspettative.
Lisa: L’idea del primo parto in casa, sebbene pensato forse prima ancora di rimanere incinta, si è concretizzata solo al sesto mese di gravidanza. Quando ho saputo che altre donne, a Firenze, avevano partorito in casa, dentro di me avevo già scelto eppure la mia prima reazione a questa notizia fu: “in casa??? Ma sei pazza???”.
Ci sono scelte che maturano solo col tempo.
Oggi sono io a ricevere questa reazione dalle persone a cui lo dico. Quindi, più che libri e parole, ciò che mi ha spinto in questa direzione è stata l’esperienza di altre donne, diversissime fra loro ma accomunate da questo percorso. Allora, ciò che mi attraeva, era l’idea di riuscire a vivere questo evento con l’intimità che occorre, o almeno, di cui io avevo bisogno. L’ospedale non sembrava garantirmi il calore di cui avevo assoluto bisogno. Il parto, in una gravidanza fisiologica, è un evento naturale che il corpo di una donna sa affrontare senza traumi. Ciò mi venne detto e a me piacque pensarlo e crederci. Così è stato per la prima nascita e, per la seconda, la strada era già segnata.
Luisa: Mi è stata innanzitutto suggerita da un’omeopata/pediatra che mi aveva in cura all’epoca. Poi ho cercato conferme nelle letture. Sono stata facile da convincere poiché l’ambiente freddo dell’ospedale mi inquieta abbastanza e pensavo e penso ancora che nel parto l’accoglienza emotiva e il calore siano molto importanti. Sicuramente fra le mie aspettative c’era il supporto emotivo e il rispetto del mio lato pudico che è molto spiccato.
Qualcuno te ne aveva parlato? Come hai trovato il modo e i contatti necessari? Esistono riferimenti pubblici e istituzionali a riguardo (ASL, consultori, sportelli in ospedale…)? Come hai trovato l’ostetrica?
Lisa: Quelle stesse donne che avevano partorito in casa e che “subirono” il mio giudicante stupore all’inizio, furono ben liete di aiutarmi a mettermi in contatto con l’ostetrica che le aveva assistite. Non credo che presso le strutture pubbliche si offra nessun riferimento alla possibilità di partorire in casa. Purtroppo, si tratta ancora di un modalità a totale carico economico del singolo, che non può usufruire di nessun rimborso da parte della Regione Toscana.
Credo che a Firenze, ancora, si partorisca in casa grazie a questa rete invisibile di donne che si trasmettono informazioni e che poi decidono, liberamente, dove partorire.
Luisa: L’omeopata di cui ho parlato prima aveva lo studio dentro la Scuola Elementale di Arte Ostetrica, quindi è stato facile. Ho iniziato a frequentare i loro corsi pre-parto e così è iniziato il percorso.
Come hai gestito i tuoi rapporti col ginecologo di fiducia rispetto a questa scelta?
Lisa: Per la prima gravidanza, non ne parlai con nessuno ma quando incontrai l’ostetrica (che poi mi ha seguito per entrambi i parti), capii che non potevo avere due persone di riferimento così diverse. Quando scelsi, decisi per l’ostetrica e abbandonai la ginecologa.
Luisa: Non avevo un ginecologo di fiducia, ma poi ho scoperto,in seguito, che molti ginecologi sono a favore. L’ostetrica del percorso della Asl, ad esempio, era fortemente a favore.
Dieci anni fa ho avuto una collaborazione di un anno con le ostetriche del Centro Nascita Margherita, dove ho insegnato danza del ventre alle gestanti, e già loro erano favorevoli. In effetti a ripensarci sono state le prime ad accendere questo mio percorso, sostenuto poi dal resto!
Qual è stata la difficoltà principale?
Lisa: Giustificare agli altri la mia scelta e sentirmi dire che è una cosa di altri tempi, che non si fa più perché rischiosa, pericolosa. Quando si fa qualcosa di (non più) usuale, sembra di mettere la pulce nell’orecchio a chi decide di percorrere strade più comuni. Se ho deciso di rispondere a questa intervista è per condividere quello che ho vissuto e testimoniare che, anche nella gravidanza e nel parto, è possibile scegliere. Ogni donna lo può fare, nessuna è più o meno brava!
Anche io ero insicura e, siccome dovevo ancora partorire, ascoltavo le critiche. Oggi, mi confronto con maggiore serenità con gli altri su questi temi ma non voglio convincere nessuno.
Luisa: L’unica difficoltà che ho trovato è stata la testardaggine dell’ostetrica a portare avanti la sua teoria sulla mia paura del parto.
Come ti sei organizzata da un punto di vista logistico? Cosa serve in casa? E come avviene la preparazione? Si occupa di tutto l’ostetrica?
Lisa: C’è una lista di cose che occorrono, una lista che consegna l’ostetrica alla mamma e al babbo in attesa. In questa lista ci sono anche suggerimenti organizzativi. Spuntare la lista, per me, era come fare il nido, prepararmi all’idea che il mio bambino potesse davvero essere accolto a casa. L’ostetrica ha con sé tutto ciò che occorre professionalmente, la mamma e il babbo mettono il resto.
Luisa: Non serve niente di particolare in casa. Io avevo pulito in modo maniacale ( anche se è richiesta una pulizia normale, non maniacale). Quando le contrazioni sono ogni 5 minuti si chiama l’ostetrica. Durante il parto pensano a tutto loro: alla fine mi hanno anche cambiato le lenzuola!
Se una donna intendesse partorire in casa, ma le restassero delle perplessità dovute all’eventualità di complicazioni, in che modo puo’ prepararsi a far fronte ad esse? Semplicemente tenendo la macchina pronta sotto casa o c’è qualche prassi più completa (penso ad esempio ad avvertire l’ospedale)
Lisa: Non si partorisce solo con la vagina. Se una donna vuole partorire in casa lo sa, lo sa prima che l’evento nascita arrivi, che lo abbia espresso più o meno, che lo abbia detto alle amiche, alla mamma o al mondo intero. Con l’ostetrica, che segue la donna per TUTTA la gravidanza, questo aspetto dovrebbe essere affrontato per tempo. Tuttavia, può sempre cambiare idea e andare all’ospedale accompagnata dall’ostetrica stessa. E’ importante precisare che: 1.una brava ostetrica sa sempre capire per tempo se è il caso di trasferirsi in ospedale, 2. Ogni ostetrica ha con sé l’occorrente per agire in emergenza e fornire il primo soccorso in caso di pericolo per il bambino e/o per la mamma
Luisa: Per contratto (si firma con l’ostetrica un contratto alla 37ma settimana) la distanza con l’ospedale non deve superare i 30 minuti.
Le ostetriche hanno tutto il necessario per le emergenze: flebo, punture di adrenalina ecc. e in caso di necessità accompagnano in ospedale dando tutte le informazioni tecniche necessarie.
Quanto ha influito sulla tua scelta il fatto che l’offerta di case-maternità o di punti nascita tipo Margherita sia ancora scarsa sul territorio?
Lisa: Poco. Il parto in casa è un’altra cosa. Però sono comunque contenta che ci siano luoghi diversi dove partorire.
Luisa: Moltissimo! Ed ha anche influito il fatto che la Margherita è costantemente sotto l’occhio del ciclone ed è molto facile essere trasferiti all’adiacente maternità. Io sarei stata trasferita di sicuro: mi avrebbero tagliata e avrebbero usato il forcipe. A casa è potuta intervenire un’osteopata: io non ho avuto neanche un punto e Petra è uscita da sola bellissima, rosa, e senza piangere.
Come hai gestito le critiche? Qualcuno si è ricreduto su quella che immagino sia stata vista come una scelta un po’ bizzarra? Quali sono i pregiudizi principali in cui ti sei imbattuta?
Lisa: Partorirai con dolore. Siamo sempre lì, nonostante esista l’epidurale, nonostante si cammini sulla Luna. Alla donna non è concessa altra via che quella delle 3P: pena, pericolo e paura. Parlare di gioia, di senso di pienezza, di potenza creativa non è concesso. I racconti di parto DEVONO essere racconti dell’orrore altrimenti le cose non tornano.
Le critiche più acerrime sono state quelle fatte da parte di uomini. Un signore, in particolare, mi disse con tono minaccioso: “io non avrei mai permesso a mia moglie di partorire in casa”. Non che voglia escludere il sesso maschile da questo evento, ma la prima e l’ultima decisione spetta a chi la vive sulla propria pelle. E poi, come in ogni cosa, si può sempre trovare un accordo, no?
I pregiudizi si sprecano (e sono sempre ma proprio sempre gli stessi, spesso nello stesso ordine!), ma poiché si tratta di pregiudizi, ormai li riconosco subito e interrompo la comunicazione. Ci vuole almeno un po’ di curiosità per dialogare, è quella che io provo quando mi raccontano i parti altrui, indipendentemente da dove si sono svolti.
L’osservazione più frequente è: “se ti fosse successo quello che è successo a me in ospedale, non saresti così contenta del parto in casa!”. Io non ribatto, ma dentro so che, in ospedale, i protocolli clinici valgono più della persona e delle sue emozioni, dei suoi tempi e delle sue aspettative.
Aspetto singolare: nessuno parla più dei miei parti in casa. Sono un vero tabù. Col primo, si attribuiva tutto alla Dea Fortuna. Era andato tutto bene per pura casualità. Col secondo parto, nessuno dice più niente, né nel bene né nel male… devo preoccuparmi???
Luisa: In realtà ho avuto poche critiche perché non lasciavo spazio. Sono state fatte soprattutto in famiglia e io ero molto suscettibile: più che gestirle me la prendevo. Nessuno si è ricreduto: la maggior parte dei parti in ospedale avvengono in ospedale perché fornisce più “certezze”. Non ho trovato pregiudizi ma paura tanta, ogni tanto curiosità.
Il mio parto è stato duro, la mia ostetrica testona, ma le ostetriche che fanno il parto in casa sono molto più preparate di quelle che lavorano in ospedale perché studiano qualche anno in più, e se fossi stata in ospedale sarebbe stato molto peggio (è successa la stessa cosa ad un’amica nell’ospedale di Borgo S.Lorenzo). La manovra che mi hanno fatto non fa parte della normale preparazione delle ostetriche!
Quello che mi è rimasto dell’esperienza del parto in casa è una fortissima sensazione di “potere”, mi sono sentita potente ed è una sensazione che mi porto da allora e che mi ha dato tantissima forza. Per me è stata una seconda nascita e un’iniziazione allo stesso tempo.
5 Comments
Salve! Io ho partorito in un monolocale…Anch’io mi preoccupavo dei vicini ma in realtà nel travaglio si entra in una specie di trance e i vicini sono un ricordo lontano, forse un sogno, forse una vita precedente.
In Toscana si fa molto per ritrovare la fisiologia del parto, ma non ci siamo proprio.
Fare il travaglio in camera (in sala parto ci si va in fase espulsiva) davanti a tutti, anche davanti agli sconosciuti che vengono a trovare le compagne di stanza…è come far la cacca davanti a tutti e solo quando sta effettivamente uscendo chiudere la porta del bagno.
Il rispetto dell’intimità femminile non è considerato un valore, ma una perdita di tempo per l’ospedale o un capriccio femminile. Nel nome della “sicurezza” (9 volte su 10 il parto va da se!) si può calpestare e la dignità femminile e la Grande Iniziazione nel divenire Donna.
Io mi sono spogliata perchè non sopportavo i vestiti, sono stata in un angolo buio nella posizione che mi pareva a me senza pensare se era una posizione consona al sociale, ho urlato e vocalizzato e imprecato e pregato, poi è arrivata la fase espulsiva!
Grazie, è bello condividere!
La tua riflessione, Agostino, è pungente, non ci avevo mai riflettuto in questi termini. Aggiungerei alla lista dell’eredità ricevuta in dono direttamente dagli anni 60-70 anche la fiducia sconfinata e assoluta nella Medicina Occidentale, che è una scienza umana magnifica se applicata nei settori per cui è nata e deve operare, cioè la patologia e non certo la fisiologia.
Fede, ti assicuro che quando stai partorendo, l’ultimo dei tuoi pensieri è quello di disturbare i vicini!!! Però, lo ammetto, avevo questo timore anche io ma nessuno ha sentito niente; la mia bambina è nata di domenica mattina e io vivo in un palazzotto assai borghese… forse troppo sordi per sentire le mie “vocalizzazioni”? Per partorire in casa, inoltre, va bene qualsiasi casa, basta che ci sia corrente elettrica e acqua corrente. Tutto ciò è specificato nella famosa lista che viene consegnato dall’ostetrica. Ti ho incuriosito? ; ))
Sono due racconti bellissimi, mi sono quasi commosso a leggerli!
Devo dire che a Firenze, almeno a Careggi, si percepisce la volontà di medici e ostetriche di far tornare il parto ad essere un evento bello e naturale, e non più un intervento chirurgico come era diventato nei decenni scorsi.
Le critiche credo vengano da una generazione – quella dei nostri genitori, che oggi hanno 60-70 anni – che ha vissuto il rifiuto del dolore, della fatica, della privazione, e infatti ne paghiamo le conseguenze su tutti i fronti. Per loro è inconcepibile partorire senza cesareo, allattare al seno, perdere 1 ora per cucinare, parcheggiare a più di 10 metri dal luogo d’arrivo, ecc ecc.
Ci vuole una casa adatta, credo che la mia sarebbe troppo piccola. Poi i vicini che sentono le mie urla per non so quante ore, per me sarebbe imbarazzante? Penso sia molto bello il parto in casa, ma nel mio caso ho ancora qualche dubbio sulla sua possibile realizzazione.
Mamma mia bellissimi e coraggiosissimi racconti!!Vale veramente la pena di ampliare quella “rete invisibile” di donne di cui parlate nell’articolo…Complimenti!