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Una soleggiata e calda domenica in autunno è sempre un piacere inaspettato. Difficile da prevedere, e dunque difficile da programmare. E allora può diventare un momento speciale per farci conquistare dalla nostra sublime città e scoprire, o riscoprire, uno dei tanti luoghi che la rendono tale.
È andata più o meno così quando abbiamo deciso di andarcene, qualche giorno fa, al Giardino di Boboli.
A Giovanni, che ha cinque anni, l’idea non andava giù: meglio un giardino coi giochi che un triste parco monumentale! Gli ho spiegato con dovizia di particolari i motivi di questa scelta (“Si va a Boboli e basta”) e, anche grazie al supporto di Mauro e Orlando, entusiasti di andare a visitare un giardino con un nome così buffo (“Buobbuolì! Buobbuolà!”), abbiamo infilato i walkie talkie in borsa, ci siamo diretti verso il viale dei Colli e poi giù fino a Porta Romana.
È solo da questo ingresso, e da quello cosiddetto “di Annalena” (a metà di via Romana, per intenderci), che è consentito l’ingresso gratuito ai residenti nel Comune di Firenze; per tutti i visitatori non residenti, invece, si può accedere anche da Palazzo Pitti con il biglietto cumulativo che consente di visitare il Museo degli Argenti, il Museo delle Porcellane, la Galleria del Costume e il Giardino Bardini.
Disquisendo sulla questione accessi, ho fatto notare a Laura che non solo ci tornava più comodo perché vicino a un parcheggio, ma che è anche l’ingresso che io preferisco. Mentre lo dicevo, mi è tornato in mente un libro letto di recente, e ho ufficializzato la mia decisione con un perentorio “è anche l’ingresso preferito di Marco Vichi”.

Nel Giardino di BoboliIl libro è Nel Giardino di Boboli, edito da Maschietto Editore, illustrato da Francesca Chiacchio e completato dalle fotografie di Yari Marcelli. Lo ha scritto quel Marco Vichi, quello del commissario Bordelli, ed è la cronaca di una visita al Giardino, raccontata a un lettore giovanissimo. È solo una delle tante visite possibili a Boboli, e non ha alcuna pretesa di essere una guida in senso classico. Ma in fondo è proprio quello, una guida, il manuale da tirar fuori dalla tasca senza preavviso, all’ingresso di Boboli, esclamando “guardate qua! Sapete che facciamo? Visitiamo il Giardino proprio come ha fatto questo scrittore…”. E invece niente coup de théâtre, il libro era a casa, e ci siamo inventati la nostra visita da soli.
Peccato… ma poi, a casa, ho ripreso quel libro, ho riletto alcuni brani, ho ritrovato i nomi di alcune statue che ci avevano colpito, e ho capito che in fondo, senza volerlo, siamo riusciti a fare una visita che, almeno nello spirito, non è molto diversa da quella di Marco Vichi.
Non abbiamo seguito un percorso. Ci siamo semplicemente persi, tra i sentieri e i “passaggi segreti”, nelle macchie boschive e nei “tunnel misteriosi”, per sbucare all’improvviso davanti a un’enorme fontana o in una radura coronata di statue, sempre in contatto con i walkie talkie, anche quando eravamo a distanza di un metro. Abbiamo dato un nome di fantasia alle statue che ci hanno colpito di più, e ho dovuto inventare una storia epica per ogni mano mozzata e ogni testa mancante di ognuna di quelle statue.
Abbiamo avuto un bel discutere su quale direzione prendere ad ogni bivio – e a Boboli ce ne sono migliaia! – ma tutti siamo stati d’accordo che “è davvero un parco megagalattico, soprattutto perché ci sono tanti misteri da trovare” (cit. Giovanni).

So che farei cosa gradita se spiegassi per filo e per segno cosa vedere, dove andare, che percorso fare, che storia ha questo giardino. Ma sento che tradirei il suo spirito, e quello di chi come me ritiene Boboli un luogo magico e misterioso, i cui segreti non vanno svelati, ma che a tutti sono donati, varcando quel cancello. Come volle Eleonora di Toledo. Come ha fatto Marco Vichi. Come accadde a me, una notte di tanti anni fa… ma questa è un’altra storia.

P.S.: oltre alla passeggiata, il libro contiene anche un bel racconto di Marco Vichi, “La notte delle statue”.

Foto:
Boboli, terzo incrocio del viottolone, Orazio Mochi e Romolo del Tadda, i giocatori del saccomazzone (1780) di I. Sailko. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons
Boboli, isolotto, Andromeda di I. Sailko. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Commons

 

 

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